mercoledì 22 dicembre 2010

25 dicembre

Data simbolica o storica?

di Giulia Conte e Giusy Natale

Non è storicamente accertato che la nascita di Gesù sia avvenuta il 25 dicembre. Sembrerebbe riconducibile o alle volontà della Chiesa o al Calendario romano. Anche nei vangeli di Matteo e Luca che, come sappiamo, forniscono una descrizione molto dettagliata di alcuni momenti legati alla Natività, non vi è riportato né il giorno, né il mese e neppure l’anno preciso. Anche se sappiamo che Gesù è nato sotto il regno di Augusto.

Bisogna aspettare il IV secolo per celebrare il Natale di Gesù Cristo il 25 dicembre. In merito a questa datazione, nel corso degli anni sono state effettuate alcune ricerche per stabilirne l’origine. Sono state formulate ipotesi. La più accreditata attribuisce la decisione alla Chiesa. Questa festa viene celebrata infatti 4 giorni dopo il solstizio d’inverno che appunto cade il 21 dicembre. Dopo questa data, la luce solare rinasce e progressivamente predomina sul buio e le giornate si allugano sino al 21 giugno. Per questo motivo la Chiesa, secondo l’opinione di alcuni studiosi, in contrapposizione al prodigarsi della festa pagana del “Sole invitto” legata alla tradizone popolare, decise di commemorare in tale data il dies natalis Christi, la nascita di Gesù , la vera “Luce del Mondo”.


Una delle altre fonti accreditate è quella riguardante il “Cronografo” ovvero il più antico calendario della Chiesa di Roma del 354 che indica il 25 dicembre come la data della nascita di Cristo. Vi è anche un altro documento, la “Depositio episcoporum” che consiste nell’elenco liturgico presente nel Cronografo, il quale attesta che tale rievocazione era già presente nel 336. Sembra però che questa festa venisse ricordata sola nella Basilica di San Pietro. La scelta di questo giorno, concludendo, fu sanzionata da Papa Tiberio nel 354. Per questo ancora oggi noi tutti festeggiamo il Natale il 25 dicembre.



La festività è già alle porte e dobbiamo porci di fronte a una valutazione: è vero tutti abbiamo la possibilità di riverdere persone care e lontane però dobbiamo pur essere consapevoli che il Natale rischia di non essere più quella straordinaria occasione di una attenta e profonda riflessione di cui l’uomo ha bisogno per non perdersi nella vita contemporanea, retta dal regime della consumocrazia.

giovedì 9 dicembre 2010

La Gelmini taglia. L'Italia protesta.

di Carmen Santagada e Letizia Di Noia

Continuano le manifestazioni studentesche contro la Riforma della scuola.

E mentre viene approvato il ddl (disegno di legge) Gelmini, l’Italia sembra vivere un nuovo 68 .
Tutto il paese protesta e si mobilita. Una protesta i cui protagonisti non sono solo gli studenti, ma anche le maggiori sigle sindacali, che vedono i decreti legge distruggere quella che è la loro funzione.

Gli studenti non hanno alcuna intenzione di arrendersi anche se il decreto dovesse essere approvato definitivamente.
Ma contro cosa si protesta?

Ormai da tempo le associazioni sindacali e studentesche sono impegnate a contrastare la riforma Gelmini, la quale sta intaccando negativamente il mondo della scuola.
Il governo con le sue azioni non sta facendo altro che aumentare il precariato la disoccupazione e l’ignoranza nel nostro bel paese.
Mentre il resto del mondo decide di investire nel sistema della formazione, l’Italia adotta riforme che sono in realtà solo una serie di tagli.
L’approvazione del ddl prevede il taglio di 87mila posti di docente e 44.500 di Ata. Questo non farebbe che peggiorare il funzionamento dell’istituzione scolastica italiana, che, secondo quanto si evince dai dati dell'Ocse, si colloca agli ultimi posti per la preparazione degli studenti .
Il coinvolgimento non solo degli studenti ma anche dei lavoratori ,che vedono davanti ai loro occhi un futuro sempre più nero, sembra ricalcare il modello di protesta del ’68.
Oggi, come allora, studenti e professori contestano salendo sui tetti degli atenei, occupando le facoltà e bloccando le città con lunghi cortei.
Neanche il contesto sembra molto diverso.
Nel ’68 gli studenti rivendicavano l'estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata. Oggi chiedono più finanziamenti per le scuole pubbliche , che cadono letteralmente a pezzi, mentre vengono finanziate dallo Stato quelle private con 270 milioni all’anno.

La protesta non si ferma ai confini nazionali. Arriva in Svizzera.
I giovani ricercatori che lavorano al Cern scrivono in un comunicato che per mantenere la ricerca italiana al livello di quella degli altri paesi europei sono necessari finanziamenti adeguati ed un sistema universitario pubblico e libero. Se questa riforma passasse - aggiungono i ricercatori italiani del Cern di Ginevra - si metterebbe in pericolo il ruolo di leadership nella ricerca che l'Italia ha conquistato con la fatica e la passione di tanti scienziati.

Le contestazioni vogliono attirare l’attenzione dei politici sordi, che favoriscono l’ignoranza per avere un maggior controllo del paese. Con i tagli alla scuola si finanzia l'ici, da cui sono esentate le classi sociali benestanti, e si costringe migliaia di ricercatori italiani a spostarsi all’estero.

I ragazzi del 2010, proprio come i sessantottini, chiedono un'università che sia per tutti e non solo per i figli di papà, più fondi per la ricerca e per il patrimonio culturale italiano.
Serve un governo che finanzi l’istruzione, perché la cultura è alla base di tutto. Senza affondiamo.