giovedì 24 febbraio 2011

Per non dimenticare.



Quando l'uomo diventa una belva.

di Andrea Pesare

''Il 150mo anniversario dell'Unità d'Italia è un'occasione preziosa, da non perdere per richiamare alla nostra memoria, all'attenzione delle giovani generazioni e alla coscienza collettiva della nazione, quel 'da dove veniamo' che è premessa di ogni slancio verso il futuro di una società ricca di storia''. Così il presidente Napolitano ha ricordato oggi l'uccisione di milioni di ebrei avvenuta settant'anni fa inserendo l'evento nei 150 anni dall'Unità d'Italia.
Ha usato parole forti di dissenso per l'olocausto e di auspicio nei confronti di tutti gli Ebrei, dimostrando amicizia e solidarietà, impegnandosi a combattere il rischio dell'indifferenza che rischia di far affievolire il ricordo.
E aggiunge che "L'intolleranza è un germe distruttivo:bisogna vigilare su nazionalismo e populismo".
L'olocausto, verità atroce, spesso negata o ignorata, non può essere dimenticato.
Infatti in tutta Italia ci sono state innumerevoli celebrazioni per ricordare.
Perché la Memoria è un dovere.

Essere bamboccioni: una scelta o un obbligo?


di Natalia Proto e Pierpaolo Pastore
















Come sempre la medaglia ha due facce e a pagarne le conseguenze sono i giovani!

Sembra proprio che i bamboccioni siano in aumento. Già, proprio gli stessi ragazzi che in Inghilterra devono lasciare la casa paterna una volta maggiorenni per non pagare una specifica tassa alla propia famiglia contribuendo alle spese quotidiane.

In Italia invece, giustamente ma anche per sfortuna, preferiscono restare a casa nonostante l'età inoltrata. Alcuni approfittano della mamma, che farebbe di tutto pur di non lasciare i figli, non avventurandosi così nella vita reale! Altri restano a casa perché non hanno altra alternativa.

Si parla tanto di "bamboccioni", ma ci si chiede però se in realtà non siano le mamme bamboccione! Sembra che delle madri vissute nel grande periodo rivoluzionario del '68, invece di quel senso di responsabilità e consapevolezza dei propri diritti e doveri, sia rimasto solo un senso di superficialità e irresponsabilità.
Genitori sessantottini, che facevano i rivoluzionari, ma godevano sempre dei benefici familiari, attaccavano la polizia, occupavano le università, ma venivano lo stesso sempre considerati dall'opinione pubblica.

E queste generazioni di sessantottini non potevano far altro che mettere al mondo una generazione di veri e propri irresponsabili. Troviamo madri individualiste che non vogliono assumersi il compito di educare i figli affinché riescano a trovare la propria identità e autonomia, egocentriche, disinteressate della loro vera formazione, incapaci di indicargli la giusta via perchè implicherebbe troppi sforzi.

Troviamo al contrario madri iperprotettive, con la paura di lasciare i propri figli in balia del mondo e delle sue difficoltà. Senza il coraggio di staccarsi dai propri "pargoli", le madri li convincono a restare sempre a casa nell'agio che ovviamente non dispiace!

Ma sopratutto padri inesistenti, rottamati, svuotati dei loro poteri, aggrediti da una cultura che gli attribuiva quel principio di autorità, regressivo e reazionario, che blocca lo sviluppo dei figli, ne impedisce l’emancipazione e reprimendone la libertà.

Da questa realtà è molto difficile per un giovane uscire fuori con una propria identità, con un proprio carattere capace di affrontare le sfide di questo tempo, da qui l' egoista volontà di restare a casa, aggiunta alle scarsissime occasioni lavorative. Giovani, da sempre abituati a vivere in casa, con madri che li "cullano", gli offrono tutti i servizi e le comodità: dalle faccende domestiche alle spese economiche. Comfort irrinunciabili per i giovani di oggi.

A tutto ciò si aggiungono le scarsissime opportunità di lavoro, dovute alla corrente crisi economica. Poiché il lavoro è divenuto troppo caro rispetto al costo del capitale, le imprese decidono di sostituire le persone con le macchine. Queste perdite di posti di lavoro sono, ovviamente, una pessima notizia per le persone colpite e per chi spera di essere assunto.
E i giovani, in notevole difficoltà nel trovare lavoro, impossibilitati dalla mancanza di soldi, a rendersi indipendenti e ad allontanarsi dal focolare domestico, sono costretti a essere a lungo assoggettati ai genitori.

Tutto ciò si riflette nello sconforto di quei ragazzi volenterosi che vorrebbero essere utili alla società, e anche nei bamboccioni ma in minore misura.

giovedì 10 febbraio 2011


Cristina Trivulzio Belgiojoso

Ciro Lupo

" Non dobbiamo mai dimenticare l’ardua e doppia impresa del nostro secolo, consistere nel distruggere e fecondare nello stesso tempo, non dobbiamo dimenticare che scopo finale del nostro destino sulla terra non è l’incivilimento, ma l’amore sociale, la fratellanza degli uomini, il trionfo della verità e del bene assoluto".


giovedì 3 febbraio 2011

La “Teologia” in varie religioni!

di Ciro Lupo


La teologia è la disciplina che studia Dio, ovvero le divinità nei caratteri che le varie religioni riconoscono come propri del divino in quanto tale. Accessoriamente, e in alcune religioni, si occupa di sviluppare elaborazioni teoretiche, oggetto della fede dei credenti.

Compare per la prima volta nel IV secolo a.c nell’opera di Platone “La repubblica”.
Nel passo :
«"Va bene- disse -ma tali direttive inerenti alla teologia quali potrebbero essere?".
"Più o meno queste - risposi - come Dio si trova ad essere, così andrebbe sempre raffigurato, sia che lo si faccia in versi epici, o lirici, o nel testo di una tragedia."».

Per teologia greco-romana si intende l'indagine razionale sulla natura del Divino operata dai filosofi e teologi di cultura greca e romana a partire dal VII secolo,
fino alla chiusura delle scuole filosofiche e teologiche non-cristiane avvenuta nel 529 ac con la pubblicazione del Codex Iustinianeum voluto dell’imperatore Giustiniano. E con la seguente scomparsa di ogni forma di studio teologico o pratica religiosa “Classica”.

«Il primo motore dunque è un essere necessariamente esistente e in quanto la sua esistenza è necessaria si identifica col bene, e sotto tale profilo è principio. [...] Se, pertanto, Dio è sempre in uno stato di beatitudine, che noi conosciamo solo qualche volta, un tale stato è meraviglioso; e se la beatitudine di Dio è ancora maggiore essa deve essere oggetto di meraviglia ancora più grande. Ma Dio, è appunto, in tale stato!»

La Teologia Ebraica.
Parlare di teologia nell'Ebraismo è argomento piuttosto spinoso.. L'Ebraismo si è quindi sempre preoccupato di ciò che Dio vuole che gli uomini compiano piuttosto di cosa egli sia. L'indagine sulla natura di Dio è sempre stata vista con sospetto in quanto dannosa per la fede religiosa che chiede sempre il rispetto della Legge che non può essere disturbata da un'analisi sulle sue radici.
Nel mondo ebraico, inoltre, l'assenza storica di autorità politiche ha determinato che la maggior parte delle riflessioni teologiche si concentrassero, e anzi si limitassero, all'interno delle varie comunità e delle sinagoghe, piuttosto che all'interno di istituzioni accademiche specializzate.

Teologia Islamica

La teologia nell'Islam è indicata dal termine arabo ‘ilm al-kalām.

In senso stretto le conoscenze teologiche possono essere acquisite solo per graziosa Rivelazione divina, che può avvenire solo per il tramite l'opera di un Profeta (nabi) e di un Inviato (rasul) non essendo minimamente in grado l'essere umano di concepire una realtà soprannaturale infinita come quella di Dio (Allah).

Ciò nonostante l'azione interpretativa dei dotti musulmani (Ulama ) o, più appropriatamente, mufassirūn, ha condotto a identificare taluni attributi divini (Sifat ) che sono stati pomo di profonda discordia fra i credenti, originando ad esempio la non conciliata dissidenza del mutazilismo.

martedì 1 febbraio 2011

Pablo Neruda

di Sabrina Nica e Mariangela Corrado


«La poesia è un atto di pace. La pace costituisce il poeta come la farina il pane».




Una poesia mai banale, che attacca le convenzioni della sua società, i sentimenti codificati. Una poesia opposta alla purezza e alla freddezza delle poesia moderniste. Questa è la poetica di Neruda, l'uomo che ha cambiato il modo di fare poesia nell'epoca moderna.

Nasce il 12 luglio 1904 a Parral (Cile), non lontano dalla capitale Santiago e rimane orfano di madre dopo solo un mese di vita. Il suo vero nome è Neftali Ricardo Reyes Basoalto. Il futuro poeta comincia presto a mostrare interesse per la letteratura. Il padre lo avversa ma l'incoraggiamento arriva da Gabriela Mistral, futuro Premio Nobel che sarà sua insegnante durante il periodo di formazione scolastica. Il suo primo lavoro ufficiale come scrittore è l'articolo "Entusiasmo y perseverancia" che pubblica a soli 13 anni sul giornale locale "La Manana". Nel 1920 per le sue pubblicazioni inizia a utilizzare lo pseudonimo di Pablo Neruda, che in seguito gli verrà riconosciuto anche legalmente. Neruda nel 1923 ha solo 19 anni e pubblica il suo primo libro: "Crepuscolario". Già l'anno seguente riscuote notevole successo con "Venti poesie d'amore e una canzone disperata".
A partire dal 1925 dirige la rivista "Caballo de bastos". Intraprende la carriera diplomatica a partire dal 1927: viene nominato prima console a Rangoon, poi a Colombo.
Nel 1933 è console a Buenos Aires, dove conosce Federico Garcia Lorca. Allo scoppio della Guerra Civile (1936) parteggia per la Repubblica e viene destituito dall'incarico consolare. Si reca quindi a Parigi. Qui diviene console per l'emigrazione dei profughi cileni repubblicani.
Nel 1940 Neruda viene nominato console per il Messico, dove incontra Matilde Urrutia, per la quale scrive "I versi del capitano". Viene eletto senatore nel 1945 e si iscrive al partito comunista. Nel 1949 dopo un periodo di clandestinità, per sottrarsi al governo anticomunista di Gabriel González Videla, fugge dal Cile e viaggia attraverso Unione Sovietica, Polonia e Ungheria. Tra il 1951 e il 1952 passa anche per l'Italia. Vi ritorna poco dopo e si stabilisce a Capri. Tra il 1955 e il 1960 viaggia in Europa, Asia, America Latina.

Nel 1966 viene fortemente criticato dagli intellettuali cubani per un suo viaggio negli Stati Uniti.
Pablo Neruda riceve il Premio Nobel per la Letteratura nel 1971. Muore a Santiago il 23 settembre 1973.

Tra le sue opere più importanti vi sono "Residenza sulla terra", "I versi del Capitano", "Cento sonetti d'amore", "Canto generale", "Odi elementari", "Stravagario", "Le uve e il vento", il dramma "Splendore e morte di Joaquin Murieta" e il libro di memorie "Confesso che ho vissuto".