giovedì 24 marzo 2011

Viva l'unità! L'Italia degli studenti

In occasione del 150° anniversario dell'unità d’Italia, la penisola è un fervore di eventi e iniziative

di Arianna Pepe

Da giovedì 17 marzo 2011 ci sarà una serie di appuntamenti che si snoderanno fino a dicembre di questo stesso anno. Tra spettacoli, mostre, incontri, convegni, dibattiti, appuntamenti gastronomici, concerti, spettacoli teatrali, animazione di strada, letture, proiezioni, bande musicali e fuochi pirotecnici, ogni italiano sarà impegnato nel celebrare, festeggiare e commemorare gli eroi che hanno reso l'Italia unita. I festeggiamenti programmati per la notte del tricolore saranno gratuiti e coinvolgeranno tutte le principali strade di ogni città. I corsi saranno abbelliti da bandiere e stendardi, i negozi coloreranno le vetrine co

n locandine, i cittadini sono invitati a esporre su finestre, balconi e cortili il tricolore italiano, tutti i palazzi delle istituzioni, musei, biblioteche e spazi di cultura rimarranno aperti tutta la notte. Anche la rete televisiva Rai si è impegnata a trasmettere in diretta dalla piazza del Quirinale l'inaugurazione della Bandiera Monumentale su piazza dei Cinquecento con la trasmissione di Rai Uno “150” condotta da Pippo Baudo e Bruno Vespa in cui si esibiranno artisti come Gianni Morandi, Roberto Vecchioni e Giancarlo Giannini.


E anche il ministro della pubblica istruzione ha dato il sì affinché le scuole rimanessero chiuse in questa memorabile ricorrenza dedicata all’unità. Ma di certo gli istituti non sono rimasti con le mani in mano, partecipando passivamente a tutto questo fervore che ha travolto l’Italia e ognuno di loro si è attivato a modo proprio per lasciarci un segno. Infatti, anche il nostro istituto, il Liceo Scientifico V. Lilla ha trasformato questa giornata in una festa a tutti gli effetti. La mattina del 16 marzo alcuni alunni che rappresentavano il Liceo Lilla accompagnati dal professore di storia e filosofia Fernando Andriani si sono diretti verso il piazzale antistante al comune per declamare poesie e testi, ballare e dare onore al tricolore italiano e dove erano presenti autorità politiche e forze armate. In seguito si sono recati nei due istituti primari di Oria, “ Camillo Monaco” e “ De Amicis”, dove i piccoli alunni hanno cantato lo storico inno di Mameli. Inoltre nel pomeriggio dello stesso 16 marzo facoltativamente ogni cittadino di Oria poteva partecipare a una manifestazione che partiva sempre dal piazzale municipale e che comprendeva ancora balli, esibizioni dei gruppi di sbandieratori oritani e la visita di mostre di quadri rappresentanti i simboli dell’Italia unita, il tutto dispiaciutamente rinviato domenica 27 marzo per problemi meteorologici.


Un altro fondamentale segno è stato lasciato da tutti i ragazzi che hanno preso parte al pon di giornalismo dell’esperta Rossella Bufano con la collaborazione dei professori di lettere, Cosima D’Elia e Antonio Camarda. Questi hanno partecipato all’iniziativa della testata “Il Quotidiano” che proponeva ai giovani di disegnare, titolare e scrivere la prima pagina del giornale che porta la data storica del 17 marzo 1861. Con grande impegno i ragazzi non sono soltanto arrivati tra le prime quattro migliori prime pagine pubblicate sul quotidiano di Puglia, ma hanno anche avuto la possibilità di rispolverare e approfondire gli eroi, lo spirito rivoluzionario e patriottico e la storia che hanno reso l’Italia unita e ritrovare quei valori che dovrebbero farci sentire cittadini uniti di un’unica nazione.

L'anoressia

di Sabrina Nica


Il 5% delle donne tra i 13 ed i 35 anni soffre di questi disturbi del comportamento alimentare anche giovani adolescenti di sesso maschile. A volte basta poco vincere sulla vita.

L’anoressia ruba un pezzettino di vita a tante persone. Essenzialmente donne, ma non solo. Bambine, donne adulte e soprattutto adolescenti ogni giorno si scontrano quotidianamente con un corpo che non amano, il loro e che vorrebbero modificare con una dieta dimagrante. E’ così che spesso inizia il drammatico percorso verso una patologia seria che può portare ad una serie di pericolose complicanze e, in alcuni casi, alla morte.

Come inizia l'anoressia? I sintomi possono essere comportamentali e fisiologici. I primi sono l' inizio di una dieta con alti obiettivi di dimagrimento, l' alterata percezione del proprio corpo, l'ossessione per il cibo che porta ad isolarsi e provocarsi il vomito. I sintomi fisiologici sono la perdita di peso, di massa grassa, scomparsa del ciclo mestruale, si rovinano i denti, iniziano a cadere i capelli, gonfiori addominali, infine depressione e scarsa autostima. Tutti questi elementi sono comuni a molte storie.

Ricordiamo tra tutte la testimonianza di Isabelle Caro rappresenta il simbolo della lotta all'anoressia anche se nel 2010 è morta. Il suo corpo da top model aveva raggiunto i 31 chili. La donna si è raccontata anche in un libro testimonianza. Una storia toccante tanto da farci capire cosa è effettivamente questa malattia. L’improvvisa notorietà avevano dato alla ragazza uno spunto in più per lottare contro la malattia, ma non era facile. Nel 2007, quando il fotografo Oliviero Toscani l’aveva scelta per un servizio fotografico, pesava 31 chili ed era alta 1,64 m. Aveva già iniziato un percorso di rinascita: l’anno precedente aveva toccato i 25 chilogrammi di peso. Uno scricciolo di donna, che ha avuto il coraggio di mettersi a nudo, sulle foto e sulle pagine di un libro per indurre altre ragazze a non barattare la fama nel mondo della moda con la propria salute. La sua autobiografia, edita da Cairo Editore, in Italia, e pubblicata nel 2009: “La ragazza che non voleva crescere. La mia battaglia contro l’anoressia”, un libro in cui si racconta e ci spiega cosa c’è dietro la sua malattia, dietro il suo corpo tutto ossa.
Ecco qualche stralcio dell’intervista che Isabelle ha rilasciato a Repubblica nel maggio 2009:
"Nel mondo della moda, ad esempio, il problema non è risolto. Hanno votato delle leggi per vietare le modelle troppo magre,
ma si continua a chiedere alle ragazze di perdere peso. Lo dico perché l’ho visto. Ero nella giuria di un concorso, alcuni stilisti che facevano parte della commissione dicevano alle ragazze, magari quindicenni, che avrebbero dovuto dimagrire. Quegli stilisti erano gli stessi che avevano votato a favore del divieto“.

In merito alla guarigione ha detto:Studiare ogni singolo caso, ascoltare, amare chi non è capace di amarsi da solo“.

Molte sono anche le storie di guarigione . L’anoressia si può sconfiggere, lo affermano le giovani protagoniste della campagna di sensibilizzazione proposta dall’ABA (l’Associazione per lo studio e la ricerca sull’anoressia, la bulimia, l’obesità e i disordini alimentari). L’iniziativa è stata presentata a Milano in occasione del ventennale dell’Associazione guidata e fondata da Fabiola De Clercq, una delle prime donne che ha combattuto e vinto sulla malattia anche e soprattutto impegnandosi socialmente.


L’assessorato alla Salute della capitale lombarda ha concesso il patrocinio all’iniziativa che si attuerà con la diffu
sione e l’affissione in tutta la città delle foto di alcune ragazze sorridenti e in salute che dichiarano di aver vinto sulla malattia. Si tratta di un messaggio di solidarietà nei confronti di tutte quelle ragazze che continuano a soffrire silenziosamente. Non solo adolescenti però.









Legalità: OGGI SI PUÒ OGGI SI DEVE

di Carmela Santoro e Giovanna Suma

Iniziamo coi giovani perchè non c'è legalità senza cultura

Un concetto forse troppo complicato: il rispetto delle regole per una società più giusta. Molti uomini hanno speso e spendono tutt’ora l’intera vita a riguardo. Anche la scuola può essere la protagonista nella diffusione della cultura della legalità, per una migliore convivenza. “Purtroppo i giudici possono agire solo in parte nella lotta alla mafia. Se la mafia è un’istituzione antistato che attira consensi perché ritenuta più efficiente dello Stato, è compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando giovani alla cultura dello Stato e delle istituzioni” (Paolo Borsellino).

La legalità non è una lezione che si può apprendere a memoria, né una materia opzionale. Ma è un progresso per rendere i giovani consapevoli della necessità del rispetto delle regole. Infatti vivere la legalità è vivere nella consapevolezza che non vi sono scorciatoie nella vita e che la via più breve ha sempre un prezzo alto che prima o poi dovrà essere pagato. Pertanto si potrebbe definire che la legalità è lo strumento di tutti, anche di chi non ha potere. Diventa di fatti tutela dalla violenza, dall’arroganza e dagli abusi di chi pensa di essere più forte.

La legalità però esige partecipazione, capacità di critica ma soprattutto di autocritica. Perché comunque si condivide solo cogliendone le ragioni profonde per metterle poi in pratica.

Spesso purtroppo la legalità viene meno perché, come dicevano Machiavelli e Guicciardini, gli uomini agiscono nel proprio interesse. Non sono per niente generosi. E di questo deve prenderne atto il politico affiancato dalla società in cui opera.

Forse nel mondo attuale non si considera illegale guidare parlando al telefono, fare uso di droghe e di sostanze stupefacenti. Ma lo è. E questa non conoscenza è proprio alla base dei mali che emergono nella società quali criminalità di ogni genere, anche in ambito dell’informatica con la cosiddetta pirateria. Come affermava Socrate molto probabilmente l’uomo compie il male perché è ignorante del bene, è essenziale dunque educare l’ individuo alla completa socializzazione.

Anche Pietro Grasso,nella prolusione per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’università mediterranea affronta questo tema sostenendo il principio secondo il quale non c’è legalità senza cultura. Si tratta dunque di lavorare su due piani. Innanzitutto sul piano della cultura per spostarsi parallelamente su quello della legalità. La cultura, la conoscenza aprono la nostra mente alla riflessione e al coraggio, al rispetto degli altri e alla tolleranza; ci rendono migliori, ci rendono più liberi. Ci educano al non silenzio. Ci rendono uomini capaci di pensare con intelligenza. Perché oggi si può, si deve scegliere da che parte stare!


Io mi voglio bene. Proteggi la donna che sarai.

di Paola Cavallo e Caterina Tondo

Di cancro all'utero non si muore più. Basta essere informati in giovane età.

In Italia circa 3500 donne ogni anno sono colpite dal tumore al collo dell’utero. L’incidenza maggiore si ha attorno ai 45 anni di età, mentre è assente sotto ai 25 anni. Nonostante questo, è proprio da giovani che si può e si deve prevenire.


Il principale responsabile del tumore al collo dell’utero è il virus HPV e si contrae per via sessuale attraverso rapporti non protetti.

Oggi la prima arma di prevenzione è il Pap Test, un esame citologico che indaga le alterazioni delle cellule del collo e della cervice dell’utero. L’esame è semplice ed innocuo e permette di identificare la presenza di lesioni anche piccolissime curandole prima che si trasformino in tumore.

Vista la diffusione del fenomeno, in Europa recentemente è stato autorizzato l’uso dei vaccini anti-HPV. In particolare l’Italia è stato il primo Paese in Europa ad offrire alle giovanissime l’immunizzazione contro il Papilloma virus. Dal 2008 il vaccino è stato somministrato gratuitamente a tutte le 12enni, presupponendo che a quest'età le ragazzine non siano ancora attive sessualmente. L’utilità di questo vaccino infatti è dimostrata in bambine e donne di età compresa tra 10 e 26 anni e per sfruttarne al meglio l’efficacia il vaccino dovrebbe essere somministrato prima di avere il primo rapporto sessuale. Questo perché a seguito del rapporto si potrebbe già essere state infettate dal virus. È emersa anche la necessità che ragazze e famiglie siano più informate.

Vaccinarsi significa perciò prevenire in maniera decisiva questa malattia. L’azione dei vaccini è infatti preventiva, non terapeutica, ed è dovuta alla somministrazione di “particelle virus-simili” altamente purificate e che quindi non possono infettare le cellule, riprodursi o causare malattia.

Quando un paziente riceve il vaccino, il sistema immunitario produce anticorpi contro tali proteine. In caso di esposizione al virus dopo la vaccinazione, il sistema immunitario è in grado di proteggersi prontamente producendo anticorpi più rapidamente.

Il vaccino può avere duplice funzione: quella di educazione sessuale e quella di educazione alla salute. Infatti secondo uno studio dell’università di Manchester pubblicato sul British Journal of Cancer otto ragazzine inglesi su 10 hanno ammesso che la puntura anti-Hpv funge anche da stimolo per riflessioni sui rischi legati a rapporti sessuali.

Per le ragazzine intervistate incombe l’imbarazzo nell’affrontare argomenti ancora tabù e inoltre il vaccino impone un dialogo sulle patologie che si trasmettono con i rapporti sessuali. Nonostante ciò parlarne è importante proprio per chiarire le idee. Non è un caso infatti se ben il 14% delle 500 intervistate inglesi ha dichiarato (sbagliando) di temere maggiori rischi d’infezione sessuale a causa del vaccino. Il dato positivo è che il 79% delle ragazze ha invece confessato che il vaccino è servito a renderle più consapevoli del rischio del contagio sessuale.

Le dodicenni di oggi dimostrano nel sondaggio una consapevolezza maggiore rispetto alle generazioni precedenti e la dimostrazione è in quel 42% di ragazze che ha voluto sottoporsi al vaccino, perché riteneva importante proteggersi dal cancro nonostante il rifiuto dei genitori. Ovviamente il sostegno dei genitori resta cruciale, come dimostrato dal 77% delle ragazze che si è sottoposto all’iniezione di comune accordo con la famiglia. Solo il 10% delle partecipanti è stato immunizzato contro la propria volontà.

Il vaccino si è rivelato uno dei più importanti strumenti di prevenzione. Di certo prevenire è meglio che curare e approfittare di questo mezzo può essere molto importante per la salute. Ma la scelta resta comunque vostra!

venerdì 18 marzo 2011

CONVIVENZA: pro e contro

di Andrea Barletta

È vero che dopo i confetti escono i difetti?

Convoliamo a nozze?! No, grazie!
Ormai la società di oggi è cambiata. Sono molte le coppie vip e non che invece di sposarsi scelgono di convivere. Molti lo fanno perché non vogliono affrontare un'esperienza così importante come il matrimonio. E c'è chi ha addirittura dichiarato che la convivenza potrebbe essere il primo passo verso un rapporto abitudinario.
Altri invece pensano il contrario, che una relazione può dirsi consolidata sol
o davanti all'altare e che non potrebbero sopravvivere senza il loro partner sempre vicino.

Chi ha ragione?

Innanzitutto bisogna dire che convivere con il proprio partner non è come fare una vacanza di due settimane.

Perché in questo caso ci si sveglia la mattina con la voglia di divertirsi, senza la preoccupazione di fare il letto, preparare la colazione, il pranzo, fare il bucato, o
andare alla posta a pagare le bollette. Gli unici pensieri sono andare al mare, fare lunghe passeggiate il pomeriggio, uscire la sera.
Ma la vera e propria convivenza non dura solo una settimana, non è un viaggio di piacere, non ha una scadenza, per i primi giorni sembra quasi una vacanza, ma dopo settimane iniziano ad arrivare i problemi seri.
Si devono contenere le spese, perché non si è alle dipendenze di nessuno e non si è in un albergo, la coppia deve contribuire a collaborare in casa e a dividersi i compiti, deve cercare di stabilire un ordine psicologico per mantenere la coppia in equilibrio.

Grazie a questa esperienza alcune coppie riescono a realizzare il concetto di unione e di condivisione, e soprattutto riescono a capire se sancire la coppia di fatto con il matrimonio oppure separarsi e ricominciare la vita normale di tutti i giorni precedente all'esperienza stessa.

Grazie anche a dati statistici sappiamo che il 46,7 % degli interessati sceglie di convivere anziché affrontare un grande passo come il matrimonio perché forse insicuro del risultato che il connubio potrebbe portare.
Quindi ricapitolando l'unione di fatto per molti suoi aspetti è preferita dalla gran parte delle coppie italiane perché consente loro di misurarsi con la vita insieme ma non li vincola per sempre.

giovedì 10 marzo 2011

Fotografia della sofferenza infantile

di Vittoria Schifone e
Serena Lacorte


Sette registi in altrettanti paesi (tra i quali l’Italia), nel 2005 hanno realizzato il documentario “All the invisible children” i cui proventi sono devoluti al World Found Program dell'Unicef. Il comune denominatore del progetto è stato la condizione di degrado nella quale si ritrovano milioni di bambini, molto spesso anche tra le mura di casa: dall’adolescente coinvolto nella microcriminalità napoletana al dodicenne-soldato africano. Bambini che vivono in condizioni disumane e che ogni anno muoiono per fame o per altre cause evitabili.

Lo sfruttamento e il lavoro minorile è una di queste cause. Un fenomeno presente anche nell’occidente industrializzato, ma particolarmente diffuso in Africa, Asia e America Meridionale. All’inizio degli anni Ottanta i piccoli lavoratori erano stimati in oltre 5 milioni, ora sono oltre 100 milioni. Per secoli queste popolazioni sono state sfruttate, colonizzate, ridotte in schiavitù, spogliate delle loro risorse naturali, espropriate delle loro terre. Interi popoli sono stati sterminati. La loro struttura sociale è stata stravolta imponendo il nostro sistema di sviluppo economico a tutto vantaggio dei paesi sviluppati. A queste ragioni si devono aggiungere gli sconvolgimenti climatici causati principalmente dai paesi industrializzati con l’inquinamento. Ma di cui sono proprio i paesi del Terzo mondo a pagare le conseguenze maggiori: siccità con conseguenti carestie sempre più frequenti da un lato e aumento esponenziale dei fenomeni climatici violenti come inondazioni, uragani ecc.. dall’altro.



Sempre più diffuso è anche il fenomeno dei “bambini soldato” cioè di fanciulli impiegati in operazioni militari. Utilizzati direttamente nelle ostilità, in ruoli di supporto (vendette, messaggeri, spie) oppure come strumenti politici (scudi umani o strumenti di propaganda). In diversi momenti della storia e in molte culture, i minori sono stati coinvolti in campagne militari anche quando la morale comune lo riteneva riprovevole. A partire dagli anni Sessanta sono state firmate numerose convenzioni internazionali allo scopo di limitare la partecipazione dei bambini alle guerre. Nonostante questo però, sembra che il loro impiego negli ultimi decenni sia in aumento. Il rapporto-globale sui bambini soldato analizza il comportamento dei governi e dei gruppi armati in 180 paesi. I bambini soldato infatti non sono reclutati solo nei paesi in via di sviluppo ma anche in quelli già sviluppati dove ci sono leggi che consentono l’utilizzo di minori nei conflitti. Più di 300.000 bambini combattono attivamente negli eserciti in più di 40 paesi al mondo.



Bambini del Mondo” O.N.L.U.S. (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale) opera in Italia e nel Mondo a sostegno dei bambini maltrattati e abbandonati. L’as-sociazione lotta da anni contro i pregiudizi razziali, cercando di aiutare tutti i bambini, senza distinzione di etnia, nazionalità, religione. “Bambini del Mondo” è un progetto nato nel 2001 dal desiderio degli associati di condividere le esperienze maturate in diversi ambiti di volontariato. Una comune idea d’amore legata ai bambini bisognosi e il desiderio di contribuire attivamente a garantire loro un futuro migliore è l’obiettivo che instancabilmente i volontari perseguono. L’associazione, che ha dato e continua a dare il proprio supporto a progetti internazionali, opera soprattutto in Kenya, in Kosovo e in Armenia, oltre che in Italia.